l' Arca del Re Cit o.d.v.
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La leggenda del Re Cit


Si racconta che, in un famoso consesso tenutosi molto tempo fa
nel regno dei volatili, nacque una vivace disputa su chi, tra gli uccelli stanziali,
avesse le migliori tecniche di volo e, soprattutto,
su chi riuscisse a volare più alto di tutti.
Ogni specie di volatile rivendicava a se un primato.
C'era la gazza che, col pretesto di avere un elegante piumaggio bianco e nero,
una bella coda lunga, insieme alla capacità di voli improvvisi e rapidi,
rivendicava un primato, ma questo non bastava a dimostrare  che
volava più alto di tutti;
poi c'erano i passeri, carichi di piume come batuffoli di lana e
sempre rapidi ad arrivare prima sulle briciole,
lasciando quei gnocchi di colombi sempre a becco aperto;
tuttavia anche per loro la rapidità e la destrezza non erano sufficienti
a farli incoronare come più alti volatori.
C'era l'allodola che, insieme a dei voli in altezza di tutto rispetto,
poteva vantare anche un discreto canto...,
e c'era il merlo, anche lui grande canterino e vispo volatore ma che,
nonostante gli sforzi non poteva competere in altezza nemmeno con l'allodola;
e l'usignolo poi, che pretendeva persuadere tutti che,
siccome un bel canto è superiore ad un bel volo egli era migliore volatore di tutti.
E poi c'erano i picchi, le tortore, le ghiandaie, le capinere, i fringuelli,
i pettirosso e quelle rompiscatole delle cornacchie che non perdevano occasione
per creare confusione, tutte appollaiate sui rami degli alberi più grossi,
come in un grande stadio, quanto strepito facevano
con-i-loro-cra..,-cra..,-ira...,-creando-ancorcrpiù-confusione.
II gran rumore svegliò il vecchio gufo che,
dopo una scrollatimi della testa e
delle piume, chiese al barbagianni li vicino a cosa era dovuto quel trambusto.
Il barbagianni spiegò che ognuno, con un pretesto diverso,
reclamava il primato di uccello che vola più alto.
Bisogna dire che fino a quel momento l'aquila se ne era stata zitta,
coltivando in cuor suo la sicurezza di essere l'uccello che vola più in alto e,
nella sua fiera alterigia, non aveva ritenuto opportuno intervenire
in una disputa che riteneva poter vincere con facilità.
Guardava tutti gli .s..;.J altri uccelli con sufficienza,
senza però intervenire.
Anche lo scricciolo, il più piccolo in quel consesso di volatori,
se ne stava zitto e in disparte, sopra un romeno di cespuglio un po' nascosto;
anche lui non ci teneva ad apparire, ma per motivi diversi dall'aquila.
Alla fine il gufo, dopo avere a lungo meditato e valutato sulla questione disse:
- Cari parenti volatili, per cortesia fate un o' di silenzio;
ho una proposta da fare, ascoltatemi.
Fu inutile perché tutti continuavano a strepitare ed il rumore cresceva,
con quelle cornacchie che non la smettevano di gracchiare e
tutti gli altri in gran confusione.
Allora l'usignolo, sollecitato dal gufo, si esibì in uno dei suoi canti migliori e
ne uscì una melodia, accompagnata dal contrappuntò del merlo
a da un coretto di fringuelli, che riuscì, con la sua soavità e dolcezza,
a placare gli animi di tutti, ad ammansirli, talché tutti si zittirono e
si sentì solo più quel dolce canto.
Allora il gufo, interrompendo a malincuore il concertino,
chiese cortesemente la parola e fece la proposta dicendo:
- Cariparenti tutti, benché ognuno di voi possieda delle caratteristiche
che io apprezzo e stimo, comprese quelle delle sgraziate cornacchie ,
e delle petulanti tortore, ciononostante,
se la questione è quella di stabilire chi etra di noi volapiù in alto,
mi pare che la cosa sia semplice;
come la scienza insegna, ciò che si dice deve essere dimostrato sul campo,
e io dico che la dimostrazione consiste
nel volare tutti in alto finché solo uno di noi riuscirà
ad essere più alto di tutti,
e quello sarà re..., il nostro re.

L'uditorio che, dopo il canto dell'usignolo,
aveva ascoltato così attentamente,
era ben disposto e ben volentieri tutti accettarono la proposta del gufo,
cosi tutti si avviarono al campo di partenza per dare inizio alla prova.
Un merlo fischiò il segnale di partenza e tutti si alzarono in volo;
l'aquila si sentiva sicura ed iniziò ad alzarsi con calma,
facendo lunghe planate per controllare la situazione.
I primi a cedere furono gli aironi che, dopo poco
videro delle belle acque  basse e scesero a pescare,
poi fu la volta dei picchi che, distratti da ragni ed insetti
portati dal vento,
iniziarono ad inghiottirne qualcuno e, si sa,
l'appetito viene mangiando,
così un languorino li persuase a ritornare sulle cortecce
alla ricerca di altri insetti,
poi fu la volta dei gufi, degli allocchi e dei barbagianni che,
stanchi per la fatica rinunciarono;
anche le cornacchie si distrassero con il loro continuo litigare e
dimenticarono l'oggetto della disputa disperdendosi;
solo lo scricciolo,
consapevole di non avere abbastanza energie per quella impresa,
senza farsi accorgere, si nascose tra le piume dell'aquila,
nella zona dove l'ala destra si attacca al corpo,
e li rimase mentre l'aquila,
ad ali spiegate aveva trovato una corrente d'aria calda
che la portava sempre più in alto, senza fatica.
Anche le tortore prima ed .L colombi poco dopo cedettero
all'altitudine e si ritirarono a malincuore dalla gara;
rimase solo l'allodola, eccellente volatore,
che cercava di competere con l'aquila,
ma senza speranza perché presto cedette anche lei.
Non era rimasta che l'aquila,
la quale dall'alto guardava in basso tutti gli sconfitti
e se la rideva compiaciuta, mentre dal basso questi si sforzavano di vedere
chi fosse il vincitore.
L'aria era ormai rarefatta e la corrente ascensionale aveva cessato
di spingerla su ma lei, ormai inebriata per la certezza della vittoria,
decise di battere le ali per salire ancora, per stravincere,
finché ad un tratto le forze le mancarono e decise che tanto così bastava,
ormai aveva vinto, e cosi gridò: - Io, l'aquila, sono il re. -
A quel punto però lo scricciolo,
accortosi che l'aquila aveva esaurito le energie e non poteva volare più su,
uscì da sotto l'ala e volò alcuni metri più in alto dell'aquila
e disse:
- Non tu sei il re, ma io, che ho volato più alto di te. -
N sotto videro e testimoniarono con fotografie,
filmati e prove altimetriche che effettivamente
lo scricciolo aveva volato più alto di tutti,
cosi proclamarono lo scricciolo il re dei volatori,
"il piccolo re".
Per premiarlo della sua formidabile impresa
una benemerita associazione di bipedi decise di offrirgli un regno
ed i soci di quella associazione si ingegnarono
di raccogliere tanta carta e tante lattine che vendettero e
con il ricavato comprarono tre ettari e mezzo di terra con alberi e campi,
dalle parti di Pralormo e Santo Stefano Roero,
la chiamarono arca e vi insediarono il piccolo re che, a tutt'oggi,
per quanto si sa continua a regnarvi indisturbato,
insieme a tanti altri animaletti del bosco.



Lo scricciolo
(Troglodytes troglodytes),
lungo circa 10 cm,
possiede una coda, di colore bruno-rossiccio con linee scure, molto corta.
E' un uccello sedentario, che si muove sul terreno saltellando
oppure volando di cespuglio in cespuglio.
E' diffuso in tutta l'Europa, l'Asia, il Nord Africa e nel Nord America.
In Italia è stazionario e comunissimo ovunque.
Trascorre l'estate nei boschi di montagna,
raggiungendo anche i duemilaquattrocento metri,
mentre d'inverno scende nelle pianure.
Si stabilisce prevalentemente nelle valli ricche di cespugli
e con la presenza di corsi d'acqua.
Non di rado frequenta i centri abitati e nei giardini cittadini.
Raramente si posa su alberi molto elevati
Nidifica quasi ovunque ne trovi la possibilità,
in particolare nei cespugli o nelle cavità degli alberi,
ma anche sul terreno e nei fori delle mura.
Lo scricciolo spesso costruisce dei nidi da utilizzare solamente per il riposo.
La riproduzione avviene a fine aprile,
e consiste da 5 ad 8 uova di colore bianco-giallognolo.
Alla covata bada solamente la femmina per circa 15 gironi,
ed i piccoli restano a lungo nel nido, anche dopo aver imparato a volare.
La sua alimentazione è costituita principalmente da insetti,
ragni ed altri animaletti che trova sulle foglie o sul terreno.
In autunno aggiunge alla sua dieta anche le bacche di qualsiasi genere


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